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Gli Avengers al cinema!

Gli Avengers al cinema!

Me lo ricordo bene. Era il lontano 2011. La mia signora, ancora non moglie, aveva scarsa dimestichezza coi supereroi ma aveva sicuramente visto qualche film del genere in passato, magari roba con tizi vestiti da ragno o da pipistrello, magari quelli con Hugh Jackman (fun fact: un’anteprima gratuita del primo film di Wolverine, per altro in lingua originale, fu la nostra prima uscita al cinema e nonostante questo ci siamo sposati). Non aveva, però, ancora visto nulla dell’allora appena nato universo cinematografico Marvel e stava per uscire questa roba strana intitolata Thor. Voleva provare a recuperare, all’epoca era ancora faccenda gestibile, e quindi ci guardammo i due Iron Man. Di riguardarmi quella palla al cazzo de L’incredibile Hulk non ne avevo proprio voglia ma gli Iron Man, via, sì. Procedemmo, e andammo poi a spararci sia Thor che Captain America: Il primo vendicatore. E non è che fosse proprio un tripudio di entusiasmo, eh. Intendiamoci, erano tutti film gradevoli, con aspetti anche molto riusciti, ma a tutti mancava qualcosa, tutti avevano problemi. Sì, se lo chiedete a me, pure il primo Iron Man, che non sono mai riuscito ad apprezzare come facevano molti altri, forse perché ci arrivai in ritardo. Eppure – a ripensarci è un po’ folle – nonostante ci si arrivasse dopo cinque film dei quali forse solo il primo era stato accolto a braccia aperte, il gasamento nell’aria era palpabile.

Captain America: Il primo vendicatore aveva cose molto belle, cose molto meno belle, quel che vuoi, ma si chiudeva a cannonate. Il finale così amaro e malinconico, con quella conversazione via radio. La scena sui titoli di coda col risveglio, così azzeccata. E poi, pam, dopo i titoli di coda, il primo trailer di Avengers, con Trent Reznor che sbraitava nelle casse e tutti lì riuniti assieme a dire fesserie e spaccare cose. Applausi in sala, gente che si strappa le mutande, tutti in attesa spasmodica per quasi un anno. Ma soprattutto, gli applausi in sala, le mutande volanti, l’attesa, non venivano (solo) da me, da chi amava questo genere di cose e non poteva crederci. Non venivano nemmeno (solo) dai ragazzini tutti gasati per il cinema spettacolare. No, venivano dallo spettatore, boh... medio? Da quello che non avrebbe saputo elencarti tutti i membri degli Avengers ma che comunque era esaltato all’idea.

Sul serio, me lo ricordo bene: “Ho la pelle d’oca”. Non lo dissi io, me lo disse lei, la mia signora, dopo aver visto in sala, prima di non so quale film, il secondo trailer di Avengers, quello in cui alla fine si vedeva lei. L’inquadratura. Il money shot. Il momento preciso in cui Joss Whedon avrebbe vinto o perso. Il momento preciso in cui tutto tornava, nella parte conclusiva del film, e scattava la pacchianata più totale, questi quattro coglioni in tutina che si mettevano in posa plastica circondati dal maligno, la macchina da presa che ruotava attorno esaltandoli. E bisognava gasarsi, nonostante il look un po’ cheap e legnoso della faccenda (specie, poi, a riguardarla oggi). E, oh, niente: la pelle d’oca. Guardando il trailer, eh, neanche il film. Ma pure poi col film, eh, intendiamoci. Dopo un’ora di sala in tripudio, fra applausi, risate e gasamento.

I Marvel Studios ce l’avevano fatta.

Che, voglio dire, capisco se ce l’avessi avuta io, la pelle d’oca, considerando il mio bagaglio “culturale” da appassionato di fumetti, e invece no. Sta, forse, tutta lì la forza della manovra che Kevin Feige e l’armata Brancaleone dei Marvel Studios riuscirono ad eseguire in quei primi quattro anni. Che Avengers venisse atteso come un’apparizione mistica da parte degli adulti che i fumetti di supereroi li amavano e avevano sempre voluto vederli al cinema era scontato; che i bambini e i ragazzini si sarebbero gasati con questa nuova ondata di cinema da cassetta spettacolare e colorato, beh, era “in target”; la cosa surreale, forse allora imprevedibile, era la pelle d’oca per chi dei fumetti di supereroi se ne era sempre fregato, continuava a fregarsene e se ne frega tutt’ora. Oggi, in un 2019 in cui Marvel continua a magnarsi il box office ogni tre mesi e nonostante periodicamente si manifesti quello che “Questo è il film con cui falliranno”, la diamo per scontata, ma all’epoca, francamente, non so in quanti se l’aspettassero. Ed era la vittoria. Definitiva e completa.

E quella scena lì, a riguardarla oggi, è incredibile, nonostante tutto, un pochino me la fa venire ancora, la pelle d’oca. Nonostante a livello estetico sia invecchiata in maniera tragicomica. Nonostante ormai pure io sia un po’ anestetizzato e il gasamento per i film di supereroi sia come la paura coi film horror: è dura, darmene ancora. Nonostante la sensazione di pancia piena sia ormai quasi straziante. Nonostante tutto. La riguardo, mentre scrivo queste parole, e un brividino ancora arriva. Ma d’altra parte, ripeto, io magari non faccio testo. Io, all’epoca, scrivevo che “dopo essermi divertito tanto tanto per un’oretta o qualcosa del genere, così, all’improvviso, ho visto Bruce Banner incazzarsi e ho visto Hulk irrompere nel film spaccando tutto quanto. E lì è finita, mi è esploso l’embolo nerd e per l’ora seguente non ci ho più capito un cazzo. Avevo solo un sorriso stampato in faccia e osservavo strane figure colorate muoversi davanti ai miei occhi velati dalle lacrime.” Una roba di cui quasi un po’ mi vergogno. Quasi. Ma in fondo no: è divertente lasciarsi andare come delle ragazzine al concerto dei Backstreet Boys, se te la senti. Che problema c’è?

Poi, sì, Avengers – al netto del fatto che non l’ho mai rivisto per intero e vado a spanne – è un film dell’universo cinematografico Marvel e, in quanto tale, condivide un po’ sempre gli stessi pregi e difetti che hanno tutti dell’universo cinematografico Marvel, seppur ovviamente in misure e con equilibri diversi. Il suo inserirsi così bene nella serialità e risultare allo stesso tempo godibile per i fatti suoi ma mille volte più bello se conosci il resto è croce e delizia. Il mix di serietà, epica, senso del ridicolo, autoironia, pacchianate è un frullato che deve piacere ma che qui veniva messo in mano a uno fra i più grandi maestri del genere, un Joss Whedon che queste cose le aveva fatte in televisione quindici anni prima e a cui poter gestire un progetto del genere, oltretutto uscendo forse dal momento di maggiore difficoltà della sua carriera, non doveva essere parso vero.

Era il film giusto, al momento giusto, per il pubblico giusto, dove con “il pubblico giusto”, col senno di poi, si intende “più o meno l’intera popolazione mondiale”.

All’epoca, si commentava dicendo “Beh, ce l’hanno fatta, ma adesso, che altro vuoi fare, dove vuoi andare?”.

Eh.

Questo articolo fa parte della Cover Story dedicata agli Avengers, che potete trovare riassunta a questo indirizzo.

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