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Tutti in gita sul treno per Busan

Tutti in gita sul treno per Busan

Busan, o Pusan, a seconda di come gira a chi legge, è la seconda città in Corea del Sud per dimensioni, chiaramente dopo Seoul. Vanta tre milioni e mezzo di abitanti, uno in più se consideriamo l'area metropolitana allargata, e si trova sulla punta estrema a sudest della penisola, all'interno dell'area maggiormente industrializzata del paese, dove fa da centro economico e culturale per la regione. È nota anche per aver fatto da roccaforte durante la guerra di Corea, quando fu uno tra i pochi territori a rimanere sotto il controllo del sud, fece da capitale temporanea e venne difesa dal cosiddetto Perimetro di Pusan, organizzato dalle Nazioni Unite. Tutta questa pappardella gentilmente fornita da Wikipedia aiuta ad inquadrare il contesto territoriale e tutto sommato anche storico in base al quale ha senso che la città sia roccaforte ultima nella difesa contro gli zombi in Train to Busan.

Contributo fotografico gentilmente fornito da Google Mappe.

Contributo fotografico gentilmente fornito da Google Mappe.

Saltiamo subito la discussione sulle differenze fra zombi e infetti: questi corrono, vogliono sbranare esseri umani, contagiano con un morso e hanno un altro paio di caratteristiche che evito di approfondire perché è divertente scoprirle mano a mano che procede la faccenda. Chiamateli un po' come vi pare. Il film racconta dei passeggeri di un treno diretto verso Busan, in partenza proprio mentre - a loro insaputa - si sta scatenando l'epidemia in tutta la Corea. Subito prima che si chiudano le porte, una ragazza morsa si rifugia sul treno e da lì in poi è disastro. Tutto questo viene messo in scena da Sang-ho Yeon, qui al suo esordio "live action" dopo tre film d'animazione (uno dei quali, Seoul Station, fa da prequel a Train to Busan), con una carica, un senso del ritmo e un'inventiva nel coreografare l'azione notevoli, senza mai perdere di vista la voglia di spingere anche su due pilastri del cinema di genere orientale: il melodramma spinto al massimo e l'attenzione alla critica sociale e politica.

Il risultato è una specie di Snowpiercer più casinista e con meno pretese, ma soprattutto è quel che sarebbe stato bello trovare in World War Z: un horror d'azione teso, divertente, sanguinario, appassionante, pieno di piccole idee azzeccate nella messa in scena, senza alcun riguardo nell'insozzare di sangue i sedili del treno, privo di pudore nell'uccidere i suoi personaggi e comunque sempre attento a non perdere di vista quel che vuole raccontare. Al centro di tutto c'è il dramma familiare di un padre in viaggio con la figlioletta (e chiaramente, da neo padre di figlioletta, ci sono cascato con tutti i piedi), ma si aggiungono diversi personaggi azzeccati e c'è un giocare semplice, ma efficacissimo, sulla discriminazione sociale e su quanto, nelle situazioni peggiori, la logica del gruppo possa spingere a tirare fuori il fango nascosto nel cuore di chiunque. È un filmetto semplice, riuscito, divertente, messo in scena come si deve, che per una buona metà della sua durata non sbaglia un colpo e anche quando si lascia un po' andare intrattiene con gusto fino alla fine, senza mai diventare cretino. Avercene.

Per il momento il film è uscito un po' in tutto l'Oriente, in Sudamerica e in Francia, dove me lo sono sparato al cinema in versione sottotitolata. È abbastanza chiacchierato, e del resto penso che l'argomento zombesco aiuti, quindi non mi sento di escludere che si manifesti anche altrove. Train to Busan è arrivato in Italia, direttamente sul mercato dell'home video, il 12 ottobre 2017. Come al solito, se acquistate il film su Amazon passando dai nostri link, ci fate ricevere una piccola percentuale di quanto spendete, senza sovrapprezzi per voi. Potete farlo su Amazon Italia a questo indirizzo qui o su Amazon UK a quest'altro indirizzo qua.

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