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Caro Mega Drive ti scrivo | Racconti dall'ospizio

Caro Mega Drive ti scrivo | Racconti dall'ospizio

Racconti dall’ospizio è una rubrica in cui raccontiamo i giochi del passato con lo sguardo del presente. Lo sguardo di noi vecchietti.

Caro Mega Drive,

è passato ormai tanto tempo dall’ultima volta assieme, quasi vent’anni, ma ricordo ancora distintamente le emozioni che ho provato quando ci siamo conosciuti. Sì, ero un ragazzino ancora incapace di capire appieno il funzionamento di un videogioco, ma ricordo bene che quando entrasti in casa mia fu amore a prima vista.

C’era chi andava a scuola e poi non desiderava altro che andare al parco a giocare a calcio; io, invece, non vedevo l’ora di poter tornare a casa e giocare con te per tutto il pomeriggio. Sai cosa mi manca tantissimo? La totale innocenza che contraddistingueva ogni pomeriggio passato assieme in salotto, innocenza che mi portava a non essere ancora in grado di comprendere appieno il significato delle cose. Giocare era qualcosa di completamente innocente e istintivo. Non c’erano giudizi sul gameplay, la trama, la qualità grafica, c’era soltanto la pura immersione in un mondo virtuale diverso da quello di tutti i giorni, che mi permetteva di essere un tennista per qualche ora, per poi poter pilotare un elicottero nel deserto, sparando a centinaia di aerei “cattivi” e carri armati “antipatici”.

Questa innocenza quasi completa mi portava a ripetere sempre le stesse cose, giocando all’infinito una partita di esibizione in Davis Cup World Tour, oppure ripetendo centinaia di volte il primo livello di Mega SWIV. Ora sarebbe un modo di giocare estremamente noioso, ma ai tempi era uno fra i migliori momenti della giornata. Sì, era sempre la stessa cosa, ma era una cosa incredibile e unica, capace di rapirmi per ore ogni giorno. Oltre a giocare a tennis e sparare ai velivoli nemici, ricordo ancora le ore passate a picchiare “cattivoni” con Streets of Rage 2, oppure a scappare dai bisonti in The Lion King, questo subito dopo aver corso come un pazzo per gli stage di Sonic The Hedgehog oppure dopo aver preso tantissime mazzate a Street Fighter II (sì, praticamente le prendevo e basta, ma era lo stesso divertentissimo). Quei pomeriggi vennero improvvisamente rubati da una tua rivale, una console grigia in cui inserivi dei CD al posto delle cartucce per poter giocare, ma il primato è tuo, caro Sega Mega Drive. Sei il primo grande amore che, come spesso viene detto, non si scorda mai.

Lo stare assieme durante i pomeriggi era sicuramente magnifico, ma c’erano addirittura altri momenti, che ti interessavano indirettamente, capaci di farmi sentire un bambino pieno di gioia; questi momenti sono quelle volte in cui i miei genitori mi portavano in giro per Milano e (a mio poco affidabile parere) all’improvviso decidevano di portarmi in Giocheria a comprare “una nuova cassetta”. Le occasioni sono state poche, perché, forse fortunatamente, non ero un bambino viziato che veniva ricoperto di videogiochi fino alla nausea, ma proprio perché si trattava di occasioni sporadiche, erano momenti in cui era difficile contenere la felicità. Ora, i negozi della catena Giocheria si contano sulle dita di una mano e non vendono più videogiochi, ma ai tempi erano il perfetto paese dei balocchi, per un bambino, il luogo dove poter comprare ogni tipo di gioco, compresi quelli da utilizzare con te, caro Sega Mega Drive. Le scelte erano fatte totalmente a caso, principalmente in base alla copertina o a quello che diceva il negoziante, ma questo non era sicuramente un problema, perché tanto qualsiasi gioco avessi comprato sarebbe stato utilizzato per tantissime ore nel caro salotto di casa.

Si sa, gli amori passano e possono non essere per sempre, ma quello che provo per te difficilmente svanirà. Probabilmente la mia passione per il mondo videoludico sarebbe iniziata lo stesso con un’altra console, come quella PlayStation che ti ha rubato il posto nel mio salotto, ma sei e resterai per sempre il mio primo amore, il primo nitido ricordo di magnifici momenti passati davanti a un tubo catodico ad immergermi in un mondo fatto di pixel, capaci di rapirmi per ogni secondo in cui giocavo.

Ora la tua cara creatrice, che da piccolo non sapevo potesse essere facilmente utilizzabile per battute goliardiche, ha deciso di farti tornare sul mercato, con una versione passata dal chirurgo plastico ma molto simile a quella con cui il mio cuore videoludico ha iniziato a battere. A quanto dicono gli esperti del settore, questo lifting è stato fatto molto bene, quindi poterti riaccogliere in casa sarà sicuramente una gioia e un innocente tuffo nel passato.

A presto, allora, caro Mega Drive.

Questo articolo fa parte della Cover Story dedicata al Sega Mega Drive (Mini e non), che potete trovare riassunta a questo indirizzo.

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