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Steve Kerr ha il doppio lavoro in NBA 2K15

Steve Kerr ha il doppio lavoro in NBA 2K15

Nel mio passato ormai neanche troppo recente c'è un lungo periodo da invasato di giochi sportivi, che ha posato le sue radici addirittura ai tempi dell'Atari 2600 e del Commodore 64 e che ha visto forse la sua massima espressione nel periodo d'oro dei tornei redazionali di PES e di quei due o tre anni trascorsi attaccato col catetere a Xbox Live, per giocare allo sfinimento qualsiasi titolo sportivo uscisse sulla prima Xbox. Quell'era s'è conclusa, pian piano ho smesso di giocare “sul serio” ogni anno a un po' ogni cosa e mi son perso per strada le varie simulazioni di calcio, hockey e football americano, un po' per sfinimento e un po' perché la morte di NFL 2K m'ha scoraggiato. Una costante, però, ancora rimane: ogni dodici mesi, o giù di lì, metto le mani sul nuovo NBA 2K, che seguo dai primissimi tempi del Dreamcast e ancora non accenno a mollare. Certo, non ci gioco – e, soprattutto, non ci gioco online – tanto come un tempo, ma la mia sana dose di ore in doppia cifra abbondante glie la dedico ogni volta. Ed è più di quanto possa dire per qualsiasi altra serie a cadenza annuale.

Nel 2013 mi sono dovuto accontentare della versione Xbox 360 del gioco, forse per l'ultima volta ancora meritevole di acquisto, banalmente perché non ero ancora passato alla nuova generazione di console e perché alcune cose che avevo letto sull'edizione “next gen” di NBA 2K14 non mi avevano esattamente fatto salire la fotta. Ma quest'anno le cose cambiano, dato che NBA 2K15 si è manifestato nella sua versione migliore anche su PC e quindi me lo sono potuto giocare come si deve semplicemente decidendomi a fare quell'aggiornamento del processore che mi faceva toc toc sulla spalla da ormai un pezzo. Un'altra battaglia vinta nella guerra contro l'acquisto delle nuove console, insomma. Ad ogni modo, un mesetto dopo, con sulle spalle una dose credo dignitosa di ore e avendo anche dato a 2K un po' di tempo per provare a sistemare i problemi di server che, come ogni anno, hanno funestato il lancio, son qui a raccontarvi come mai NBA 2K15, secondo me, si merita i soldi che costa. Ma prima, intervallo, cedo la parola ad Alez, che s'è inventato il delizioso titolo di questa recensione, ha provato la versione PlayStation 3 del gioco e vi spiega come mai, secondo lui, non si merita i soldi che costa.

Sappiamo che le serie sportive sono un riciclo unico per definizione, da quando negli anni '90 l'inconfondibile Electronic Arts ebbe l'idea, poi copiata da tutti, di seguire le stagioni dello sport americano con altrettanti videogame, sempre rivenduti a prezzo pieno. Ma fino a che punto è lecito ingoiare il pillolone dell'update da comprare a prezzo pieno? Giocando NBA 2K15 sulle “vecchie” console (nello specifico PS3), viene da chiederselo, dato che tutte, ma proprio tutte, le caratteristiche principali sono immutate dall'anno scorso. Anzi, a ben vedere mancano pure diversi contenuti della versione 2K14,come il commento nell'intervallo e le introduzioni alle singole partite (peraltro già riciclate dal 2K13).

La sensazione di déjà vu, per non dire altro, continua una volta scesi sul parquet virtuale, dato che l'intera presentazione e la resa visiva sono saldamente ancorate all'anno scorso. O anche prima, visto che il motore grafico non gode di upgrade sostanziosi da parecchio tempo, come dimostrano il pubblico supercartonato e gli allenatori robotici, elementi che più di tutti abbassano l'impatto complessivo. Per fortuna, alla distanza dell'inquadratura classica televisiva, il gioco ha ancora un suo perché, grazie alle ottime animazioni e all'eccellente fluidità – questa sì, migliorata dalla precedente edizioni. Tutti i movimenti dei giocatori vengono collegati in modo più naturale, quasi senza il minimo “stacco” ad eccezione, forse, delle fasi da gioco fermo, tipo i timeout. Un miglioramento riscontrabile anche nel gameplay, sopratutto dagli utenti esperti, che possono collegare più comandi con attese ormai nulle. Ad esempio, la classica sequenza “rimbalzo in difesa, lancio in contropiede, scarico fuori per la tripla” è ora un movimento istantaneo che viene eseguito in un batter d'occhio, portando a sequenze più dinamiche e spettacolari.

Un discorso simile si applica al gioco in difesa, elemento che riveste maggiore importanza rispetto alle edizioni passate tutte alley-oop e replay a raffica. Giocando allo stesso livello di difficoltà (all-star, dove la CPU è competitiva ma non bara), si notano grossi passi in avanti nell'I.A. di compagni e computer a livello di movimenti e marcature. Ma sopratutto, è molto più difficile tagliare in mezzo al pitturato come se gli avversari fossero di burro, anche con le superstar. Una novità che si lega ai gusti di ognuno e che potrebbe non essere gradita a chi cerca le giocate da highlight a ogni costo. Ma, se parliamo di realismo, è indubbiamente una scelta corretta, pensando a com'era difficile metter su una difesa decente nelle vecchie uscite. E quest'anno l'arbitro fischia pure gli sfondamenti! Raramente, eh, ma ogni tanto capita.

Purtroppo i ritocchi al gameplay sono stati costruiti attorno al gioco dell'anno scorso, patchato alla bell'è meglio in alcuni dettagli come i volti di certi giocatori (sì, ora Datome è somigliante). Esclusa la modalità 2K Heroes, un torneo online a scopo di beneficenza, è davvero tutto uguale alla versione 2K14, con alcune squadre extra dell'Eurolega dai roster ormai antichi. Tant'è che troviamo ancora la Montepaschi, nonostante sia fallita e ripartita dalle leghe minori. Oltretutto, i team europei sono ancora lì per fare presenza. non essendoci alcuna modalità a loro dedicata: se non è uno spreco delle licenze, poco ci manca.

Sul lato della telecronaca si arriva al paradosso, con Steve Kerr che torna nel ruolo di commentatore pur essendo diventato allenatore dei Golden State Warriors. Ovviamente, quando gioca questa squadra, è assurdo vederlo a bordo campo e sentirlo commentare (ma forse ha un microfono nascosto). Evidentemente, non c'erano voglia e risorse per aggiornare il commento, quasi identico alla passata edizione, escluse alcune frasi del nuovo arrivato Ernie Johnson. La parte gestionale? Immutata, come l'All-Star Game seppellito in mezzo alla stagione, che riporta ancora la data 2014.

Tutto questo ci porta all'inevitabile conclusione che NBA 2K15, se non avete PS4 o Xbox One, è un copiaincolla dei più spudorati. Niente di quello che offre giustifica l'acquisto a prezzo pieno, calcolando le minime modifiche al gameplay e un reskin perfino parziale dei menu. Naturalmente, se cercate un buon gioco dedicato all'NBA e non avete la versione precedente (o quella prima), potete ignorare il 90% di quanto ho scritto. Ma non ha molto senso fare questi discorsi. quando da una nuova edizione sarebbe richiesto almeno qualcosa(ina) di “nuovo”.

In soldoni: vi bastano Datome somigliante, i nuovi/vecchi Hornets e Kevin Durant in copertina? Se sì, che ve lo dico a fare?

Ho ricevuto direttamente dal distributore italiano una copia promo per PS3, che ho giocato per una decina di ore offline e sulla rete. Ecco: online si gioca benissimo ma l'insieme di avversari eccelsi e gente che bara a nastro rende ancora il multiplayer sulla stessa TV la scelta migliore.

Voto: 5,5

Eccomi di ritorno. Allora, dicevamo, NBA 2K15 new gen. L'aspetto del gioco forse più chiacchierato prima del lancio è il nuovo sistema di tiro, basato su un indicatore circolare che appare ai pedi del giocatore e permette di avere un feedback diretto sulle probabilità di successo e sulla qualità del nostro rilascio. Se si riesce a fermare l'indicatore esattamente al centro, il tiro entrerà per forza, se si esce dalla “forbice” non entrerà e se ci si piazza fra i due estremi c'è una probabilità di successo variabile. Il bello è che la forbice si allarga e si restringe in tempo reale, davanti ai nostri occhi, a seconda dei vari fattori coinvolti, fra l'abilità del giocatore, la posizione sul campo, l'intervento di un difensore (più efficace se è controllato da un umano), la stanchezza (parametrata anche sulle statistiche di tiro reali del cestista) e così via.

Tutto questo va a generare un sistema in cui, pur non rinunciando alla gestione tramite percentuali, il giocatore ha un'influenza diretta molto più chiara sull'esecuzione del tiro. Inoltre, c'è anche un aspetto strettamente psicologico, in base al quale si ha una lettura chiara di quanto bene abbiamo eseguito la manovra offensiva e l'esito della stessa diventa più facile da comprendere e accettare. Tutto questo si incastra poi con l'impressionante livello di caratterizzazione delle squadre, dei rispettivi atteggiamenti tattici e dei singoli giocatori, ciascuno con le sue brave animazioni di tiro. Ancora più che in passato, cambiare squadra è operazione non banale, perché ci si trova a dover gestire tempistiche e abitudini di rilascio della palla spesso completamente diverse e ovviamente questo va a favorire la specializzazione.

Proprio l'atteggiamento tattico delle squadre è un altro aspetto davvero convincente del gioco. Lo so che si dice ogni anno per ogni singola simulazione sportiva, so anche che ogni anno si dice “lo so che si dice ogni anno ma questa volta è vero” e so anche che mi sto impantanando in una specie di inception. Ma che volete che vi dica? La precisione e la puntualità con cui anche le varie squadre riescono a riprodurre lo stile di gioco e l'approccio delle loro controparti reale sono impressionanti. Ma al di là di quello, sono davvero notevoli anche l'adattabilità in corsa e la capacità di cavalcare lo sviluppo della partita, tanto in attacco quanto nell'eseguire gli aggiustamenti in difesa necessari per contrastare le tendenze offensive del giocatore umano. Il numero di partite in cui sono andato in difficoltà nel secondo tempo perché la CPU aveva capito l'antifona e si era adattata è decisamente alto e si tratta ovviamente di una situazione stimolante, che ti spinge a non incancrenirti su quelle due o tre azioni che funzionano.

Ho avuto anche l'impressione che le squadre si adattino meglio che in passato ad eventuali cambiamenti di roster generati dal mercato e che gli allenatori virtuali sappiano gestire in maniera molto più sensata le rotazioni, seguendo come si deve lo sviluppo della partita. Ancora qualche dubbio, invece, sulla gestione dei momenti decisivi, con situazioni in cui la CPU è sotto di qualche punto e tende a perdere un sacco di tempo in attacco. Non è la regola, e soprattutto capita molto meno che nei precedenti episodi della serie, ma ogni tanto accade e si rimane un po' perplessi. In generale, comunque, fra gli aspetti più affascinanti di NBA 2K15 c'è il fatto che bisogna davvero imparare a padroneggiare una squadra e i suoi giocatori, oltre che ovviamente prepararsi ad affrontare in maniera diversa questo o quel team.

Un altro aspetto che è stato molto pubblicizzato riguarda le modifiche al movimento dei giocatori, alle animazioni e alla gestione dei contatti. E in effetti NBA 2K15 compie ulteriori passi avanti in termini di credibilità dei contatti, e influenza degli stessi nelle azioni di gioco, rispetto ai già notevoli due precedenti episodi. I piccoli contatti, tanto fra avversari quanto fra compagni, sia sotto canestro che in giro per il campo, danno un maggior senso di fisicità e una notevole corrispondenza fra quel che si vede e quel che realmente accade. Banalmente, i contatti e le relative animazioni rendono più credibile il fallimento di tiretti sotto canestro all'apparenza facili. Dove il gioco fa un po' fatica in questo senso è magari nel tradurre tutto questo in un numero adeguato di interventi arbitrali, dato che – a meno di spingere al massimo il relativo indicatore delle opzioni – a tratti sembra che siano spariti i fischietti dal campo. Non a caso si tratta di uno degli aspetti su cui il team ha deciso di lavorare tramite patch.

Il nuovo sistema di dribbling permette di concatenare fra loro movimenti di vario tipo in maniera più fluida e vede un ritorno alla semplice efficacia di qualche anno fa. C'è magari meno spettacolo visivo rispetto alle ultime edizioni, ma la risposta ai comandi quando si cerca di saltare l'avversario è decisamente migliore. Sull'altro lato del campo, la maggior inerzia assegnata ai giocatori rende la fase difensiva più tattica, perché non permette di appiccicarsi come cozze al portatore di palla (a meno, magari, di stare usando uno fra i primi difensori della lega) e costringe a dosare al meglio gli spazi, a valutare – di nuovo – come affrontare il singolo attaccante con il singolo difensore e a prendere decisioni difficili. C'è ancora qualche problema in termini di eccessiva facilità con cui i giocatori controllati dalla CPU resistono ai contatti, e si tratta fra l'altro di una cosa nota, su cui gli sviluppatori hanno dichiarato di stare lavorando molto per il prossimo anno, ma nel complesso il sistema di gioco sul campo è davvero notevole, segna un forte passo avanti e, in generale, continua a definire quello che, di base, è il miglior gioco di pallacanestro sulla piazza.

Sul fronte delle modalità, fa piacere scoprire che 2K Sports sia ritornata sui propri passi e abbia quasi totalmente eliminato l'ingerenza delle microtransazioni dalla sezione MyGM, anche perché si tratta di una modalità incredibilmente curata e profonda. Lo si vede fin dai menu, riorganizzati e molto più funzionali e lo si capisce esplorando i dettagli anche minimi, comprese le fasi di conversazione, più riuscite e versatili che in passato. C'è veramente una quantità pazzesca di cose a cui stare dietro, fra l'aspetto economico, la gestione dello staff e delle risorse, i contratti, il mercato, gli allenamenti e ovviamente le partite, e tutto sommato c'è anche un discreto livello di adattabilità alle esigenze di chi gioca. In particolare, ho apprezzato molto l'ottimo funzionamento di Simcast, che permette di simulare le singole partite con una visualizzazione in tempo reale un po' in stile gioco manageriale, durante la quale si possono operare tutti gli interventi tattici del caso, mettendo anche in pausa la simulazione, e che permette di bloccare tutto e scendere in campo quando lo si desidera. Offre un ottimo modo per snellire lo svolgimento di una inevitabilmente lunga stagione NBA, avendo comunque la sensazione di stare influenzando direttamente le singole partite, senza affidarsi del tutto alla simulazione (e si guadagna pure un po' di valuta virtuale!).

Buona anche l'implementazione dei vari collaboratori e, in particolare, del sistema di scouting, che offre davvero una valanga di informazioni. Va forse un po' meno bene con la gestione del mercato, certo non disastrosa, ma che propone squadre forse troppo propense a stravolgere in maniere forti i propri roster. Gli scambi hanno bene o male sempre senso, ma l'impressione è che, rispetto a quanto accade nella realtà, si verifichino un po' troppo spesso spostamenti delle superstar. La cosa vale tra l'altro anche per la modalità MyLeague, che comunque è un'ottima introduzione: permette di creare tornei personalizzati, variandoli nelle minime regole e dando quindi anche l'opportunità di organizzare campionati a cui far partecipare le squadre storiche e quelle di Eurolega. E ovviamente non manca la sezione “figurine” MyTeam, con tanto di filmato introduttivo accompagnato dalla minacciosa voce di Shaquille O'Neal e nuova modalità dedicata alle sfide.

La sezione MyCareer, dedicata allo sviluppo di un singolo giocatore, ha goduto di diverse modifiche, a cominciare dalla scelta intrigante di far iniziare l'avventura nei panni di un giocatore non selezionato al draft. Come dice l'agente del protagonista nel filmato introduttivo, si tratta di una situazione tutto sommato preferibile rispetto all'essere scelti al secondo o terzo giro, perché offre una rosa più ampia di squadre a cui proporsi. Oltretutto, dopo la prima stagione, è possibile tentare la strada del free agent e trattare anche contratti da un anno, quindi non è particolarmente difficile, con un po' di impegno, riuscire a finire nella squadra desiderata senza dover per forza pretendere cessioni dalla dirigenza. La modalità, nel complesso, mi sembra cresciuta su diversi fronti, compreso quello dell'accessibilità, dato che è possibile decidere di non affrontare ogni singola partita della stagione (ma bisogna giocare le dieci previste dal contratto iniziale).

In generale, diversi aspetti sono più curati, sia sul fronte della presentazione (possiamo essere intervistati da Doris Burke durante la partita), sia su quello dell'interazione (gli obiettivi proposti dagli allenatori hanno più senso), ma ci sono anche diverse mancanze. L'intelligenza artificiale che muove compagni e avversari non mi sembra funzionare bene come nelle modalità di gioco regolari e se da un lato la cosa è probabilmente “giustificata” dal modo in cui utilizzare un singolo giocatore porta a rompere spesso gli schemi, dall'altro certe situazioni in cui la CPU fa rendere un po' troppo bene (o un po' troppo male) determinati giocatori non sono il massimo. Inoltre, la situazione di partenza in termini di statistiche del giocatore è forse un po' troppo penalizzante, rispetto alla qualità media dei cestisti che arrivano nella lega senza passare dal draft, ma tutto sommato è una cosa che ci può stare nell'ottica di proporre un certo tipo di progresso. In questo senso, fra l'altro, è certamente benvenuta la nuova gestione delle statistiche, che richiede di spendere punti in “categorie” ampie di abilità (difesa, playmaking... ) invece di sommergere il giocatore con gli eccessi passati.

Gran parte delle modalità di gioco è legata alla connettività online, vuoi per l'integrazione della valuta virtuale, vuoi perché MyTeam e MyCareer tendono ad avere evidenti sviluppi nel fantastico mondo di internet. Senza contare, ovviamente, che ci sono le leghe online e che, di base, un gioco sportivo moderno viene acquistato da molti per passare il tempo sfidando e insultando sconosciuti sulla rete. Fra le tradizioni annuali di NBA 2K c'è, purtroppo, quella dei problemi coi server e questo episodio non ha fatto eccezione, con un sacco di inciampi e di malfunzionamenti che hanno reso inaccessibili alcune modalità e sostanzialmente monche altre. A un mese di distanza dal lancio, con una serie di patch in mezzo, devo dire che la mia esperienza è ormai sotto questo punto di vista priva di problemi: gioco online senza difficoltà, trovo avversari e non ho alcun genere di inceppo sul fronte delle modalità che richiedono un collegamento. In compenso, rimane d'attualità il “solito” problema del lag sull'esecuzione dei comandi, che affligge la serie ormai da tanti anni e per il momento non pare essere risolto, per quanto ovviamente vari parecchio da partita a partita.

In generale, resta discutibile che 2K abbia deciso di legare alla permanenza online anche diversi aspetti che vanno a influenzare il gioco offline, soprattutto alla luce dei suoi problemi storici sul fronte dei server, ma insomma, sotto questo punto di vista, l'importante è anche un po' sapere a cosa si va incontro quando si esegue l'acquisto. Ad ogni modo, fra le novità in questo settore vale la pena di segnalare MyPark, che propone una sorta di arena virtuale a base di playground separati per affiliazioni in cui incontrare altri giocatori e affrontarli sul campo. Come atmosfera ci siamo, però, onestamente, un po' si rimpiange una semplice struttura a base di classiche lobby e matchmaking, che sarebbe magari meno ganza, ma certamente più snella e accessibile. Anche perché i problemi di connessione di cui sopra certo non aiutano ad accettare ulteriori scomodità.

Infine, dal punto di vista audiovisivo e della presentazione in generale, NBA 2K15 è e rimane mostruoso, nonostante alcune cadute di tono. La qualità dei volti e delle animazioni è sempre notevole e nonostante qua e là emergano elementi un po' legnosi, a tratti sembra sempre più di trovarsi davanti a una vera partita di NBA. I problemi legati alla telecronaca li ha già menzionati Alez nella sua sezione di questo articolo: c'è la doppia vita di Steve Kerr, ancora parte del team di commentatori nonostante alleni i Golden State Warriors, e non c'è più Damon Bruce all'intervallo, per un risultato generale onestamente deludente, con la sensazione che vengano a mancare un po' troppi elementi classici di una telecronaca (l'introduzione della partita mentre i giocatori si scaldano, per esempio). In compenso, l'aggiunta del commento pre-partita con Ernie Johnson e Shaquille O'Neal in studio è gradevole e funziona tutto sommato meglio di quanto mi aspettassi, senza scadere poi troppo nella ripetizione (anche se ovviamente, sulla lunga distanza, questo aspetto è destinato ad emergere). E perfino la 2KTV è moderatamente interessante, con interviste, consigli e approfondimenti.

Nel complesso, in ogni caso, si tratta ancora una volta di una simulazione cestistica senza eguali e che compie notevoli passi avanti rispetto al passato sul fronte della simulazione, del sistema di controllo e della profondità di alcune modalità di gioco. Fermo restando che, come da tradizione, molte novità saranno realmente percepibili solo da chi davvero dedica ogni anno tante ore al gioco. Non mancano gli elementi discutibili e certo i soliti problemi sul fronte online non fanno piacere, ma nel complesso è difficile non promuovere ancora una volta con convinzione il lavoro di Visual Concepts e 2K Sports. Di certo, per gli appassionati, rappresenta un signor motivo per compiere il grande passo verso la new gen. O verso un nuovo processore.

Ho ricevuto un codice Steam dal distributore italiano e ho speso sul gioco una ventina d'ore, provando un po' tutte le modalità ma dedicandomi soprattutto, come mio solito, a MyGm. Scrivo queste righe subito prima di affrontare Gara 5 contro Cleveland. Vediamo come va.

 Voto: 8,5

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