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Post-mortem #34 - Pitfall! e i predatori dell’Atari 2600

Post-mortem #34 - Pitfall! e i predatori dell’Atari 2600

Una rubrica in cui vi raccontiamo le considerazioni a posteriori, da parte dei membri del team di sviluppo, sulla loro esperienza legata alla lavorazione di questo o quel videogioco.

Ero a San Francisco, GDC 2011, quando David Crane - co-fondatore di Activision assieme a Jim Levy, Bob Whitehead e Larry Kaplan - raccontò la genesi di Pitfall!, sfoggiando un abile mix di verve e dovizia di particolari nerdacchioni.

Proprio quel Pitfall! lì, noto anche come Pitfall Harry's Jungle Adventure e pubblicato su Atari 2600 da Activision nel 1982, per un totale di circa quattro milioni di copie vendute.

Un manifesto ricco e dettagliato.

Pitfall! era uno di quei giochi d'abilità vecchio stampo, da ripetere a oltranza e da imparare letteralmente a memoria, pixel by pixel, per metabolizzare pattern strategici e trick occhio-mano-coccodrillo.

Il gioco si sviluppava con una filosofia puramente orizzontale, con lo schermo diviso in due livelli ben distinti tra loro: la superficie della giungla e un cunicolo sotterraneo popolato da temibili scorpioni. Lo scopo era quello di raccogliere trentadue tesori entro un tempo limite di venti minuti (in pratica, 1,6 tesori al minuto), correndo e saltando nei panni di Harry Pitfall fra ostacoli, trappole, cobra, sabbie mobili e coccodrilli affamati.

Raggiungendo l'estremità della schermata (il giocatore poteva correre sia verso destra che verso sinistra), si guadagnava l'accesso alla zona adiacente, per un totale di duecentocinquantaquattro schermate da percorrere in un sol boccone.

Calcolatrice Texas Instruments alla mano, per completare Pitfall! era necessario superare ciascuna schermata in meno di cinque secondi, sebbene i cunicoli sotterranei permettessero di avanzare di tre zone alla volta.

David Crane da, ehm, giovane...

Crane raccontò di aver creato l'intero documento di design di Pitfall! con foglio e matita in soli dieci minuti (quindici al massimo, dai), ai quali seguirono altre 1000 ore (sul serio!) di intensa programmazione. «Non volevo fare uno dei soliti giochi con jet, aerei, carri armati e cose del genere. Volevo provare a trasformare un personaggio animato in un gioco.»

L'ispirazione arrivò un po' da Indiana Jones e un po' da un vecchio, vecchissimo cartone animato del 1950 - Heckle and Jeckle - due gazze piene di ironia e malizia. 

Il problema principale dello sviluppo era rappresentato dalle limitazioni tecnologiche dell'Atari 2600: «La parte più difficile nella realizzazione del gioco fu senz’altro riuscire a concentrare tutte le meccaniche in soli 4Kb di memoria. Il mondo di Pitfall Harry è un percorso circolare costituito da 254 schermate. I televisori di allora potevano visualizzare solamente linee da 160 pixel. La ROM del gioco disponeva di soli 4Kb di memoria, non c'era spazio sufficiente per contenere un comparto grafico perché ciascuna schermata scorresse fluida, dando l'illusione di un unico percorso. Ho risolto il problema creando il cosiddetto "polynomial counter", ovvero un algoritmo che calcolava matematicamente ogni schermata e occupava solamente 50 byte.»

Anche il sistema di controllo via joystick richiese un autentico colpo di genio: «Nel design originale, per saltare da un alligatore all'altro bisognava muovere la leva del joystick e saltare allo stesso tempo. In altre parole, era assolutamente impossibile da giocare. Così, modificai un piccolo dettaglio del codice, per agevolare il movimento di Harry entro un breve lasso di tempo dal salto. Dal punto di vista della programmazione, si trattò di un minuscolo cambiamento, ma modificò in meglio un gameplay altrimenti impossibile.»

Tutto il gioco in una gieipeg.

Erano altri tempi, tempi che non torneranno mai più e frechete, quando le console erano fatte (anche) di legno, nelle réclame in televisione veniva urlato il nome dello sviluppatore («Pitfall! by David Crane!») e Activision spediva via posta i primi achievement della storia: le famigerate ed esclusive patch di stoffa.

Guardate che bellezza:

Un club esclusivo!

A proposito, se passando per la Silicon Valley doveste incontrare un’auto con la targa "PITFALL", al volante c’è sicuramente David Crane. Salutatelo un casino, è un uomo buono e cordiale.

È lui o non è lui? Ma certo che è lui!

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