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Pikuniku, Pukkiakku o come diavolo si chiama, sembra giappo ma non è

Pikuniku, Pukkiakku o come diavolo si chiama, sembra giappo ma non è

“Uella, che relax!”

Questa è stata la prima cosa che ho pensato dopo aver messo giù Pikuniku, bislacca miscela tra un’avventura a enigmi e un platform, smazzata da Devolver Digital e cucinata dal collettivo esordiente Sectordub.

All’inizio sembra quasi vuoto, Pikuniku, con quella sua aria essenziale e Zen. Eppure, nelle tre o quattro orette che dura Arnaud De Bock, Rémi Forcadell, Alan Zucconi e Calum Bowen – rispettivamente designer, scrittore, programmatore e compositore - sono riusciti a infilare davvero parecchia roba. Un po’ di questo e un po’ di quello. Un po’ di salti, una manciata di enigmi e qualche chiacchiera; un bel gruppetto di personaggini buffi e persino qualche cospirazione. Una fisica snella e scattante e dei cappelli strani con i poteri; una metropolitana, addirittura. E ancora: un tostapane da incubo, un rhythm game, una variante del basket, Dig Dug, il NES. La discoteca col buttafuori che non ti fa entrare se non sei vestito come dice lui perché è un gran bastardo eppure ci siamo passati tutti per quei tempi là quando si limonava poco e si rosicava molto. Ah!

Artisticamente, Pikuniku funziona piuttosto bene. Le musichette paiono suonate da uno SNES, mentre lo stile grafico coloratissimo si direbbe uscito da un gioco di Keita Takahashi o di Tsutomu Kouno.

Eppure, sotto sotto, si capisce che i ragazzi di Sectordub non sono i soliti gaijin che provano a giocare con le spade dei samurai, perché al netto delle divagazioni giapponesi e delle citazioni, non hanno soggezione verso le proprie origini anglo-francesi (e amighiste?). Il tondeggiante protagonista del gioco, Piku - nato da una GIF di De Bock - mi ha ricordato Wizkid, Silly Putty e i Barbapapà. Del personaggio di System 3 riprende un certo feeling gommoso e la possibilità di allungarsi, dai Sensible la follia, mentre dai fumetti creati da Annette Tison e Talus Taylor negli anni Settanta eredita il character design, tanto essenziale quanto espressivo. Di contro, e grazie al cielo, la risposta è quella di un platform giapponese fatto a modo.

Cosa fanno nella stessa stanza Keita Takahashi, Tsutomu Kouno, Jon Hare e i Barbapapà? Si drogano, e dopo mezz'ora finiscono tutti quanti stesi sul pavimento, strafatti.

La trama, come direbbe il Talarico citando Frusciante, è semplice: dopo un lungo periodo di isolamento in una grotta, Piku riemerge in un mondo distopico vampirizzato dalla misteriosa Sunshine Inc., che sfrutta senza il minimo criterio le risorse naturali dei villaggi nei dintorni. Dopo aver familiarizzato con l’ambiente e tirato qualche palla a canestro, il nostro flessibile amico viene coinvolto da un gruppo di ribelli, che lo accompagnano in giro per quel (piccolo) mondo fino all’inevitabile resa dei conti.

Come ho detto, le opportunità ludiche che Pikuniku offre al giocatore sono parecchie, eppure spensieratamente fini a sé stesse, in via di un livello di sfida molto, molto basso. Personalmente, il massimo della difficoltà l’ho incrociato durante la sezione ritmica in discoteca, ma per limiti miei.

Qui! È qui che mi sono incartato un mucchio di volte.

Il gusto dell’esperienza, in effetti, sta tutto nel relax che riesce a inculcare nel giocatore, nella fiaba semplice e divertente che srotola e nelle brevi incursioni nella vita di personaggi che sono uno più assurdo dell’altro.

Volendo fare un paragone che sembra infelice ma che in realtà, no, vuole essere felice, i ragazzi di Sectordub hanno disegnato l’equivalente videoludico di una pallina antistress e, per quanto mi riguarda, non è affatto una grana, anzi. Pur senza strapparmi i capelli, sono stato contento di aver trascorso un pezzetto del mio tempo in compagnia di Pikiniku, e per quel poco che costa e lo stile che offre, secondo me, ne vale la pena. Tra l’altro, con i suoi puzzle semplici semplici e le meccaniche svelte, è il gioco perfetto se avete dei mocciosi per casa. Volendo, c’è pure la co-op!

Se invece siete voi, i mocciosi, che diavolo ci fate qui su Outcast? Non vi da fastidio questo odore misto di naftalina, acqua di colonia e caramelle Rossana?

Ho giocato a Pikuniku grazie a un codice Steam gentilmente offerto dal distributore, che ho prontamente barattato con un codice per Switch giù alla fiera dell’Est dove per due soldi un topolino mio padre comprò (questo implica che il gioco è disponibile, solo tramite download, per PC, Mac e per la console Nintendo, se non si fosse capito).

Old! #293 – Febbraio 1999

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Aelita, la regina di Marte (no, non è un errore)

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