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Nintendo Labo un mese dopo

Nintendo Labo un mese dopo

Quando, circa un paio di mesi fa, ho presenziato al Labo Workshop di Nintendo a Milano, ero rimasto decisamente colpito da quanta ingegnerizzazione la casa di Mario aveva usato per progettare Nintendo Labo. Ero convinto si trattasse di un semplice passatempo con del cartone e dei videogiochi molto semplici, ma quelle ore passate a costruire e provare mi avevano fatto capire che c’era molto di più sotto lo strato superficiale.

Oggi è quasi un mese che abbiamo Nintendo Labo in casa ed è tempo di capire se l’entusiasmo che avevo provato a febbraio era motivato o se mi ero esaltato per niente.

Innanzitutto, precisiamo che Labo non è un’esperienza per tutti. Un adolescente abituato a CoD o Fortnite non saprà probabilmente che farsene della nuova diavoleria di Nintendo, e se mai volesse approfondire un po’ di programmazione ad oggetti, può usare tool decisamente più prestanti e approfonditi.

Il nuovo gioco Nintendo è pensato per le famiglie con bambini dai cinque ai dieci anni, e con genitori che hanno voglia di condividere un po’ tutti i passi dell’esperienza, dalla costruzione dei Toy-Con, al gioco e anche all'approfondimento di alcuni meccanismi.

Detto che ho la fortuna di avere un erede di nove anni impallinato con il coding, da questo punto di vista ho vinto facile. Abbiamo acquistato il Kit 1 di Labo, quello con il pianoforte, la moto, le macchinine la canna da pesca etc… il giorno d’uscita, e già la sera eravamo lì a montare la cosa più semplice, le automobiline per fare le battaglie stile Robot Wars. Facilitati dall’esperienza al workshop, la parte di set up è stata velocissima, e anche la canna da pesca, decisamente più impegnativa, è stata messa a punto in relativamente poco tempo.

Avendolo in casa, ho potuto apprezzare ancora di più, con la giusta calma, l’incredibile attenzione a qualsiasi parte del gioco. Dalla precisione millimetrica degli incastri, alle istruzioni Lego-style per arrivare al gioco vero e proprio, tutto funziona perfettamente, non c’è mai un momento in cui non si capisca cosa bisogna fare.

La canna da pesca è forse ciò che riscuote più successo nell’immediato, in quanto il gioco che è presente nella cartuccia è semplice ma non banale e l’illusione che il filo arancione che esce dalla nostra canna sia proprio in acqua in mezzo ai pesci è veramente ben riuscita.

Certo, come temevo, la longevità non è il punto forte dei giochi presenti nel bundle, anche se c’è da fare dei distinguo non banali. Il gioco della pesca, per esempio, è come detto il più immediato e divertente, ma è forse anche quello dalla minore profondità e che a lungo andare stufa per primo. Per ovviare a situazioni simili, è possibile creare i propri pesci, nel senso proprio di forma e colore. Per fare ciò, però, è necessario costruire il pianoforte. E uno dice, ma che c’entra il pianoforte con la pesca? C’entra, perché in Nintendo hanno fatto in modo che la telecamera installata nel Joy-Con destro, all’interno del pianoforte, possa “vedere” dei fogli che noi possiamo sagomare con le forbici e quindi creare una riproduzione tridimensionale di quella sagoma, farla diventare un pesce e, dopo aver scelto i colori e posizionato gli occhi, metterlo nell’acquario pronto per essere pescato.

Ecco, anche questo stupisce di Labo, il fatto che, nonostante i minigiochi in se non abbiano magari un appeal sul lungo termine, ci sono aspetti che si scoprono man mano che si costruisce, si gioca e si esplora, andando a capire che certe funzionalità sono molto più che un semplice divertimento di pochi minuti.

Visto che ne ho parlato poco fa, prendo ad esempio il pianoforte. È il Toy-Con probabilmente più complesso da montare: io e il ragazzo ci abbiamo messo tre ore abbondanti e mentre lo si costruiva, iniziavamo a capirne il - geniale - funzionamento.

Come è noto, un pianoforte normale, per funzionare, ha bisogno di un meccanismo per percuotere le corde, il cosiddetto “doppio scappamento”. Ovviamente, non ci sono corde all’interno del cartone del pianoforte di Nintendo Labo, la cosa interessante è che non c’è proprio nulla.

Il sistema, infatti, capisce che note stiamo suonando o che effetto abbiamo attivato grazie alla telecamera del Joy-Con destro che, leggendo degli adesivi opportunamente piazzati nel retro dei testi, manda alla console gli input corretti.

Spiegata così, sembra una cosa di poco conto ma quando la si vede funzionare veramente, e molto bene, tanto da poter suonare davvero lo strumento, beh, sembra quasi magia.

Il pianoforte è anche il Toy-con che non solo permette, come detto prima, di creare i pesciolini per l’acquario ma anche di iniziare ad usare la parte più interessante e approfondita di Labo, quella della programmazione visuale. Da lì nasce la possibilità, virtualmente, di fare un po’ quello che ci pare con questa novità Nintendo e scostarci dalle forme preconfezionate che si trovano nella scatola.

Sarebbe il terzo “pilastro” che Nintendo ha creato per l’arrivo di Labo, ovvero quello “scopri” che viene dopo “monta e gioca” e che è forse l’aspetto che potrà dare in futuro a Nintendo l’accesso al coding nelle scuole, attività sempre più popolare e che ora è dominio incontrastato di Lego e Scratch.

Questa funzionalità è dedicata a quei bambini, ragazzi o adulti che vogliono sperimentare con le potenzialità reali di Nintendo Labo. È possibile assegnare praticamente a qualsiasi parte della console (lo schermo, i movimenti dei Joy.Con e relativi tasti, l’orientamento degli accessori etc) decine e decine di azioni come suoni, vibrazioni, effetti. Insomma, è possibile creare il proprio programma personale, senza ovviamente scrivere codice ma sfruttando tutte le possibilità messe a deposizione dal sistema.

Come è normale che accada, questa parte è la più complessa del pacchetti e anche persone particolarmente interessate alla cosa potrebbero mollare il colpo, perché non riescono ad ottenere risultati apprezzabili in tempi brevi. Con il figliuolo, ho creato una sorta di strumento che suona muovendo i Joy-Con e toccando il touch screen dello Switch, in modo da creare musica con il metodo più congeniale a chi vuole farlo. Certo, anche qui, se si lascia fermo il tutto per qualche tempo, la voglia di riprenderlo non è così facile da trovare.

Nintendo Labo è sicuramente una boccata di aria fresca in un panorama ludico che si sta veramente fossilizzando su generi remunerativi ma poco coraggiosi. Certo, c’è il VR, ma questa esperienza non è “l’alternativa” Nintendo alla realtà virtuale (lo so che è banale dirlo, ma ci sono persone che mi hanno scritto “Ma cosa ti compri il cartone, prendi un Oculus”).

Chi pensa che 69 euro siano troppi si ricreda. Quello che c’è nella scatola permette di divertirsi per molte più ore di un gioco standard a prezzo pieno, senza contare che è un tipo di divertimento diverso, nuovo, se si vuole, che permette davvero di godersi dei gran bei momenti con i propri pargoli.

Insomma, una grande idea. La speranza è che non venga lasciata lì ad ammuffire, come purtroppo Nintendo ha già fatto in passato con altre proposte che ahimè non hanno avuto il successo che meritavano.

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Ho recensito Nintendo Labo acquistandolo in seguito a promessa fatta al pargolo e pasticciandoci a lungo con lui. Ah, come al solito, se acquistate il gioco (o qualsiasi altra cosa) su Amazon passando dai seguenti link, una piccola percentuale di quello che spendete andrà a noi, senza alcun sovrapprezzo per voi. Se volete procedere su Amazon Italia dirigetevi qui, se preferite Amazon UK puntate qui.

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