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Ludophìlia #17 - Nei videogiochi fregni, si resta

Ludophìlia #17 - Nei videogiochi fregni, si resta

Ludophìlia (con l’accento così) non è una malattia venerea, ma una rubrica di approfondimento che corrobora mente e joypad, curata da uno che l’avrebbe addirittura voluta intitolare “I Love Tara Long”.

In attesa che l'industria degli Ordigni Meravigliosamente Immaginifici produca una volta per tutte il videogioco ufficiale tratto dal cult cinematografico Mio cugino Vincenzo, in esclusiva per PlayStation 4 e in retromarcia su Xbox One, bisogna sempre tener presente un fatto cruciale dei nostri tempi: il videogioco è un sistema duplice: vi si produce una sorta di ubiquità: l'avvio del videogioco è costituito dall'arrivo di un senso.

L'arrivo di un senso.

L'arrivo di un senso.

La significazione del videogioco, allora, è costituita come da un congegno in continuo movimento, da cui la cinestesia di piacere associata all'uso del joypad, che alterni il senso del significante e la sua forma ludica, una coscienza puramente significante e una coscienza puramente immaginante: questa alternanza è in qualche modo raccolta dal gameplay, che se ne serve come di un significante ambiguo, perché al contempo arbitrario e naturale... come Jerry Gallo.

L'ubiquità del significante nel videogioco, dunque, riproduce molto esattamente la fisica dell'alibi: anche nell'alibi c'è un luogo pieno e uno vuoto, legati da un rapporto d'identità negativa - non sono dove credete che io sia; sono dove credete che non sia. Ma l'alibi del videogioco ordinario ha un termine, il reale, a un certo punto, che può arrestarne la fruizione e il godimento.

Fate attenzione, giovini: la realtà è solo un pallido surrogato degli OMI.

Fate attenzione, giovini: la realtà è solo un pallido surrogato degli OMI.

Il videogioco fregno, invece, è un valore, non ha per sanzione la verità: niente gl'impedisce  di essere un alibi perpetuo, di offrire sempre un altrove. Davanti al videogioco fregno io sono contemporaneamente: quello che io credo di essere, quello che vorrei si creda io sia, quello che il game designer crede io sia, e quello di cui egli si serve per far mostra della sua arte.

Sarebbe a dire: nei videogiochi fregni, si resta.

Librodrome #31: Honoring the Code

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Sonic & All-Stars Racing Transformed andava troppo veloce e l'abbiamo raggiunto solo adesso per una recensione