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La nebbia fuori e dentro di noi

La nebbia fuori e dentro di noi

La Nebbia: un fenomeno meteorologico molto caro a noi videogiocatori.

Non che ci piaccia l’umidità del mondo reale, quella che poi fa venire il mal d’ossa e bagna baffetti e capelli mentre ci camminiamo in mezzo, bensì quella fittizia, usata come escamotage nei videogiochi per mascherare una certa lentezza nel caricare risorse poco più in là del nostro naso.

Questa effetto, in alcuni casi, è diventato un marchio di fabbrica: se si pensa a Silent Hill è impossibile non pensare alla nebbia, che ha contribuito a creare quell’atmosfera di ansia e terrore di cui è pervaso il gioco.
Ma c’è un gioco per PlayStation 2 che non adoperava la nebbia per nascondere i propri limiti, bensì con una precisa funzione narrativa e ansiogena.

Quali oscuri orrori si celano dietro questa fitta nebbia?

Sto ovviamente parlando di un gioco che amo alla follia, probabilmente uno dei miei JRPG preferiti di tutti i tempi: Persona 4.

Vivo in una città molto nebbiosa che di mattina, date le sue bellezze artistiche, sa essere molto evocativa. Alcuni miei amici associano Orvieto ad Anor londo, quando c’è la nebbia.

Benvenuti a tutti al mercato di una ridente cittadina che non è assolutamente inquietante.

Quando mi approcciai a Persona 4, mi sentii subito a casa, nonostante le ovvie differenze paesaggistiche. La nebbia di Orvieto però non segna un periodo di due o tre giorni di disgrazie: rompe le palle, ma perlomeno nessuno finisce appiccato sui pali della luce.

Con la nebbia è un attimo inciampare e ritrovarsi come la signorina di persona 4, ingarbugliata tra i fili della luce di un palo.

Ad Inaba, invece questo succede, e la nebbia assurge da catalizzatore, da elemento ansiogeno che fa da avvio alle vicende.

Nel corso della mia piccola e breve storia la nebbia nei prodotti che ho visto e amato, questa è sempre associata al mistero, al paranormale, a qualcosa che deve essere effettivamente occultato.
E anche Persona 4, su questo versante, non fa eccezione: la nebbia è il fenomeno in cui il male profondo si nasconde, quel male così potente che nessuno, eccetto dei ragazzini delle superiori col potere di entrare dentro i televisori ed evocare mostri, può affrontare.
A ben pensarci, la nebbia di Persona 4 non è soltanto elemento di paura e mistero: è una sorta di metafora per lo stato mentale dei protagonisti e di come la società giapponese ti porti quasi sempre a tenerti tutto dentro. La nebbia è quell’elemento che si dirada quando i personaggi hanno fatto i conti con la propria controparte oscura, suscitandogli una consapevolezza della propria personalità.

Tutto il mondo giapponese gira intorno a Hon'ne e tatemae; in pratica, i nostri cari amici del Sol Levante nascondono i propri sentimenti e i propri desideri dietro una maschera - tatemae, appunto. Per questo sono sempre posati e appaiono abbastanza rigidi. Questo concetto si sposa bene con gli studi sulla Persona di Jung, che mantiene l’ambivalenza di cui sopra.
Dunque, secondo me la nebbia di Inaba non è stata messa a caso, soltanto per una fascinazione verso l’occulto, ma anche come metafora di quanto farebbe bene a tutti fare i conti sia con la propria immagine pubblica, sia con i propri desideri e con le emozioni che cerchiamo di tenere celate.

Ed ecco che l’Hon'ne di Yukiko viene fuori.

La nebbia di Orvieto non è così intelligente, rompe solo le palle fino a gennaio: umidità sui capelli, prurito per chi soffre di psoriasi e dolori alle ossa. Tutte cose che non conciliano certo la riflessione. Chissà se a Fuefuki, la città che ha ispirato l’ambientazione di Persona 4, esiste una nebbia capace di metterci davanti a noi stessi?

Dall’immagine non sembra una cittadina rurale molto nebbiosa: chissà. Prossima tappa per un altro viaggio in Giappone?

Ah, e comunque a Inaba hanno più posti dove andarsi a divertire, rispetto ad Orvieto.

Questo articolo fa parte della Cover Story dedicata alle città di paura, che potete trovare riassunta a questo indirizzo.

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