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Perché se piove merda e qualcuno deve metterci un ombrello... e chi chiamerai?

Perché se piove merda e qualcuno deve metterci un ombrello... e chi chiamerai?

OK, ho barato un po' perché la citazione nel titolo dell'articolo è del secondo film, non del primo Ghostbusters, ma era troppo bella per lasciarsela scappare così. Ghostbusters, già. Il film che che mi riguardo almeno una volta l'anno, se non ogni sei mesi. Ho fatto dei periodi in cui lo mettevo almeno una volta a settimana, anche solo di sottofondo mentre facevo altro. E parlo del film completo, figuratevi le singole scenette su YouTube et similia, quante volte le ho viste e riviste.

Ventiquattr’ore al giorno, festivi non esclusi: il lavoro non ci spaventa... il conto non vi spaventa.
— Peter Venkman

Alla sua uscita, nel 1984, ero troppo piccolo per averlo visto al cinema, ma ci ha pensato ovviamente Italia 1 a mandarlo a ripetizione nei trent'anni successivi alla mia nascita, un po' come ha fatto con un sacco di altri classici del cinema post "rivoluzione" di Spielberg e compagnia bella. Quindi sì, Ghostbusters mi ha cresciuto, ho provato a farci dei costumi di carnevale con tanto di zaini protonici di cartone, una roba bruttissima, di cui per fortuna non esistono prove fotografiche. Credo di conoscere il film quasi a memoria, frase per frase, ovviamente nel doppiaggio italiano, che risale a quell'epoca in cui a volte si è esagerato con l'inventare negli adattamenti ma si è arrivati a creare vere opere d'arte parallele al film. Quindi la nostalgia batte l'originale, sì.

Ghosbusters è la risposta che do quando mi chiedono quale sia il mio film preferito. Una domanda che più scema non si può, eppure si continua a farla e per qualche motivo noi si risponde, magari proponendo una manciata di titoli. Ecco, un consiglio: sceglietevi un film preferito, fate la premessa che "Eh, ma come si fa, così, su due piedi, ti direi... " e dite il titolo. Magari preparatevi un veloce discorso che spieghi il perché. Fine. Credetemi, vi risparmiate rotture di maroni eterne.

A pensarci bene, però, credo che Ghostbusters possa davvero essere il mio film preferito. Ha dentro un po' tutto quello che è il cinema. Le risate, il fantastico, il sociale, i problemi della vita di tutti i giorni ma anche quelli che non esistono (credo che i fantasmi non esistano, ma un po' ci spero, come direbbe Dylan Dog). Ci sono effetti speciali bellissimi (OK, qualcuno sente il peso degli anni ma molti sono favolosi ancora oggi), c'è un cast stellare ma c'è anche quella dose di improvvisazione creativa e recitativa che negli anni si è un po' persa (anche se poi arriva Taika Waititi a dirti che Thor: Ragnarok è all'80% improvvisazione e un po' gli vuoi bene).

- Una cosa importante ho scordato di dirti: mai incrociare i flussi!
- Perché?
- Sarebbe male.
- Faccio sempre confusione tra il bene e il male. Che intendi per male?
- Immagina che la vita come tu la conosci si fermi istantaneamente e ogni molecola del tuo corpo esploda alla velocità della luce. (Inversione protonica totale!)
- E quello è male... OK, è un importante ragguaglio. Grazie, Egon!
— Egon Spengler e Peter Venkman

Ivan Reitman, tra l'altro ha una regia cupa, quasi nichilista, che ti fermi a riflettere quando Ray e Winston sono in macchina e parlano di fine del mondo, mentre il sole tramonta su New York, ti sale un po' di angoscia e sì, Ray, forse è meglio sentire un po' di musica. Perché Ghosbusters è così, è più vero del vero, anche quando, beh, anche quando è più finto del vero. Ha quella dose di umanità che ti sbatte in faccia nascosta sotto le battutine di Venkman (che poi è Bill figliodiputtana Murray che fa se stesso come sempre, e meno male che esiste) e le assurdità di Egon Spengler (o di Luis Tully, Dio mio che personaggio, Dio mio che cast!). La cui ciliegina sulla torta è una Sigourney Weaver che fa un personaggio ironico, intelligente e a suo modo cazzuto, senza bisogno di farle impugnare un'arma come in Alien (non che ci fosse qualcosa di male).

Ma è la sceneggiatura che secondo me unisce tutto a dovere. È perfetta, non sbaglia un tempo (cosa fondamentale, per un film che è anche una commedia), non annoia mai, non da troppo ma nemmeno troppo poco, bilancia ogni elemento, tirando fuori un film che Hollywood avrebbe dovuto rivedersi prima di sfornare ogni nuova pellicola. Alla fine è diventato un cult, lo si è sfruttato in tutte le salse, facendo più errori che altro (a partire da un sequel svogliato e uscito troppo tardi e da un remake/reboot/cazzoneso travagliato e uscito fuori tempo massimo, ma che dico, fuori da ogni logica spaziotemporale e sbagliato in quasi tutto, riuscendo anche a distruggere un cast praticamente ottimo in partenza).

Mostrate alla troia preistorica come si lavora all’assessorato!
— Peter Venkman

Però non è che l'originale sia andato distrutto. È lì, che vi aspetta se non lo avete mai visto (pazzi!) e soprattutto vi attende per essere assaporato ancora una volta. E poi per citarlo. E ancora e ancora e ancora. Sono troppi mesi che non lo rivedo, ora che ci penso. Scusate un attimo.

Questo articolo fa parte della Cover Story su Ready Player One, che potete trovare riassunta a questo indirizzo.

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