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E anche The Walking Dead: A New Frontier ce lo siamo levato di torno

E anche The Walking Dead: A New Frontier ce lo siamo levato di torno

Quando arrivi al termine di una serie e vivi la cosa con un sospiro di sollievo dalle parti del “finalmente”, è lecito dedurre che qualcosa non abbia funzionato. Ed è un po’ quello che mi è successo con The Walking Dead: A New Frontier, terza stagione del gioco zombo su licenza targato Telltale che, in quanto primo responsabile per la sua seconda vita come studio, fa inevitabilmente anche da cartina tornasole per lo stato delle cose. E lo stato delle cose è quello di una formula che ormai mostra fin troppo la corda, non tanto per l’impianto di gioco, comunque abbastanza immobile, ma per il modo in cui questo viene utilizzato per raccontare storie. Ormai The Walking Dead fa bene o male sempre le stesse cose, sempre allo stesso modo, con una consapevolezza tale che in quest’ultimo episodio dobbiamo pure sorbirci la meta-battuta di Clem sul fatto che le scelte difficili capitano a tutti e sono toste da affrontare (complimenti a chi ha pensato che fosse il caso di tirarti fuori in quel modo dal coinvolgimento emotivo nel dramma del momento!). E il problema è che quelle cose non le fa neanche più troppo bene.

Se da un lato ci vuole poco ad ammettere che portare avanti una serie del genere non è semplice, perché di fondo è inevitabile finire a raccontare sempre le stesse cose, oltretutto già raccontate mille volte da altri, allo stesso tempo è difficile ignorare una scrittura sempre meno convincente, che si abbandona al monologhetto piacione e a scambi da melodramma di quart’ordine su rete televisiva privata. La differenza fra la prima stagione di The Walking Dead e ciò che è venuto dopo sta anche e soprattutto lì, nel gusto con cui determinate scene venivano trattate allora e nella pacchianeria con cui situazioni simili si verificano oggi. Le idee ci sono ancora, i colpi di scena sono quelli giusti, i momenti difficili in cui ti ritrovi a scegliere fra tragedia e disperazione continuano a funzionare ma il tutto viene raccontato per lo più maluccio, in maniera spesso impacciata e stucchevole. Il che, considerando che la chiave della faccenda dovrebbe stare nell’aspetto narrativo, non è proprio il massimo.

Ora, a metterla giù così, sembra che voglia parlare di questo capitolo conclusivo come di un mezzo disastro e sarebbe ingiusto. La verità, però, è che quando nemmeno la narrazione ti convince, se non per brevi tratti, è difficile lodare un gioco di Telltale, vuoi perché di fondo il cuore dell’esperienza sta lì, vuoi perché il resto spazia da sempre fra l’impacciato e il poco interessante. E non mi riferisco solo alla struttura e alle idee per lo più ferme da anni, ma anche a un motore grafico che, per quanto molto migliorato, rimane non al passo coi tempi e, soprattutto, con le ambizioni narrative della serie (i volti sono spesso molto belli, ma certe panoramiche ad ampio respiro sono agghiaccianti) e ai soliti glitch e problemi di funzionamento che, onestamente, io ho incontrato molto di rado, ma sono più che documentati. A tutto questo si passa sopra se The Walking Dead, o qualunque sia la serie di turno, riesce a convincerti senza riserve come è talvolta accaduto in passato, ma quando la norma è e rimane quella di un andamento molto altalenante, i problemi si sommano e l’insoddisfazione sale. Nonostante tutto, però, From the Gallows non è un brutto episodio conclusivo e fa chiudere la stagione sicuramente meglio di come, dopo il buon inizio, l’avevano portata avanti il terzo e il quarto capitolo.

A funzionare, soprattutto, è la gestione del protagonista Javi, orchestrata in modo da dare davvero un senso alle scelte fatte dal giocatore, costruendo un personaggio caratterizzato da un indirizzo morale dettato nel corso dei cinque episodi attraverso le nostre azioni. Certo, in parte è sempre un po’ il gioco di specchi Telltale, fatto di poche variazioni su uno scheletro fisso, ma la cosa è costruita bene e dà soddisfazione, attorno a un racconto che lavora bene nel chiudere quel che c’è da chiudere e aprire nuovi discorsi per il futuro. A non funzionare, come già detto, è la scrittura spicciola, fatta di dialoghi talmente stucchevoli che a tratti fanno rimpiangere la serie TV. E se ti ritrovi a rimpiangere i dialoghi del The Walking Dead televisivo, eh, non è che ci sia molto da aggiungere. È però indubbio che, nonostante la maniera impacciata in cui racconta alcuni fra i suoi momenti chiave, From The Gallows segni un miglioramento rispetto ai due precedenti episodi e riesca a chiudere in maniera comunque positiva la stagione. E poi c’è sempre la fregatura: la storia di Clem continua ad essere interessante e rimango curioso di vedere come andrà avanti. Del resto, c’è poco da fare, è così che funziona la narrazione seriale: ti fanno appassionare ai personaggi e a quel punto rimani fregato e continui a seguire anche quando vorresti smettere.

Ho ricevuto un season pass per Steam da Telltale Games al lancio della serie e mi sono giocato il quinto episodio nel giro di un paio d’ore. Il gioco è disponibile su circa centododici piattaforme e per le versioni PS4 e Xbox One esiste una sorta di versione fisica, che nella sostanza è una scatola contenente un codice per il download. Se ci tenete ad averla sullo scaffale e la comprate da Amazon passando per i link qua sotto, ci fate avere una piccola percentuale di quello che spendete senza sovrapprezzi per noi. Potete farlo su Amazon Italia cliccando qui e su Amazon UK cliccando qua.

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