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La seconda stagione di Mr Robot è anche meglio della prima

La seconda stagione di Mr Robot è anche meglio della prima

Capita spesso che, quando un prodotto mediale riesce ad essere apprezzato all’unanimità, escano fuori le classiche voci fuori dal coro. Il ché è legittimo, per carità; prendiamo in esempio La La Land: io l’ho adorato, mentre ad altri, invece, i difetti che presentava proprio non sono riusciti ad andare giù; oh, ci può stare. A stonare sono piuttosto quelli che, per partito preso, montano su una serie di critiche del tutto pretestuose e prive di senso solo per legittimare il fatto che il film/disco/libro/vattelapesca non gli sia piaciuto. Ciò è accaduto, per dire, con la prima stagione di Mr. Robot, il cui protagonista veniva tacciato di essere un poser da centro sociale talmente fastidioso da adombrare l’intera serie, proponendo questa filosofia spicciola, incoerente e via discorrendo. Fatto sta che, durante il suo primo anno di vita, Mr. Robot ha fatto il botto: un successo su tutti i punti di vista, soprattutto per una produzione piccina picciò come quella di Sam Esmail. Botto che, va da sé, ha generato parecchio hype in vista della seconda stagione, che arriva in Italia proprio stasera, su Premium Stories, dopo essere stata trasmessa l’estate scorsa negli Stati Uniti.

Breve premessa per chi non sapesse di cosa tratta, posto che questa recensione è completamente spoiler free, quindi andate tranquilli. Mr. Robot si rifà al filone di V per Vendetta e tutti quei film dalla connotazione tipicamente anti-establishment, tematica attualissima da qualche anno a questa parte, aggiungendoci inoltre una forte dosa di estetica cyberpunk. Si tratta, in sostanza, di un thriller seriale che si caratterizza per un altro dei temi centrali dell’attualità contemporanea, cioè quello degli hacker e della cyber sicurezza. Prodotta da USA Network, la prima stagione conta dieci episodi da quarantacinque minuti ciascuno; formato presente anche in questa seconda annata, con la differenza che le puntate sono adesso dodici (anche se sarebbe più corretto dire che gli episodi 1 e 2 e quelli 11 e 12 sono stati in realtà due maxi-episodi divisi in due, ma al network conveniva ovviamente dilatare il tutto).

Un momento della straordinaria sesta puntata di questa stagione.

Partiamo dal presupposto che, nonostante questa seconda stagione si sia confermata in termini di successo di pubblico e critica, le critiche al ritorno di Mr. Robot si sono inasprite, poggiando questa volta su basi più solide. Il ritmo, ad esempio, si è dilatato di parecchio rispetto all'anno precedente. Anzi, sarebbe più corretto affermare che c’è stata la tipica dilatazione, presente in tantissime serie TV, degli eventi narrati a schermo, che è un modo carino per dire che hanno allungato diversi episodi manco fosse una minestra nella peggior bettola di Calcutta. Se, infatti, nella prima stagione si andava quasi di corsa, con twist che si susseguivano l’uno dopo l’altro, adesso ciò non accade. O, meglio, accade in misura decisamente minore. Si è puntato infatti per un’analisi introspettiva del protagonista, Elliot Anderson, l’hacker impersonato dall’eccezionale Rami Malek; e che introspezione, ragazzi. A dispetto di quanto detto, è in occasioni come queste che si riesce ad apprezzare l’abilità di uno sceneggiatore, cioè quando, messo alle strette da una situazione di apparente immobilismo, riesce a tirare fuori uno script che è talmente stupefacente da far venire giù il mondo. Sam Esmail, infatti, ha messo nuovamente in atto un’esplorazione della mente di Elliot, che già dalla stagione precedente conviveva con una schizofrenia affrontata in termini di trama, dandogli però adesso nuova linfa vitale e un tocco decisamente lynchiano (prendendo però le distanze dalle sviolinate al Fight Club di David Fincher di cui era pregna la stagione precedente), senza mai eccedere nel citazionismo. Un gioco di scatole cinesi che tiene incollati allo schermo anche nei punti che normalmente verrebbero considerati morti.

La presenza di Joey Bada$$ è un tocco di classe. Tra l’altro, è totalmente in parte.

Quindi la stagione ruota tutto intorno ad Elliot? Certo che no. Attorno a lui c’è un mondo che si muove e, dopo il cliffhanger sopraggiunto sul finale del primo anno, era logico che ci fossero dei mutamenti decisi all’interno. Le vicende, in questa nuova stagione, prendono anche una piega parecchio interessante, galleggiando a metà fra una roba in stile Edward Snowden ed una più da tipica dei vari blog cospirazionisti. Non si va più a tremila all’ora come prima, ma in fin dei conti è pure giusto così, forse, visto che il rischio di bruciarsi strada facendo sembrava esserci in modo concreto. In termini estetici, poi, questa seconda stagione di Mr. Robot sembra decisamente più matura rispetto al passato, sfruttando ovviamente l’aumento di budget che una serie TV di successo come questa comporta (pur non avvicinandosi, è logico, alle cifre di produzione sfiorate da Il trono di spade). Insomma, la seconda stagione di Mr. Robot, per usare un luogo comune comunque calzante, è quella della maturità, in attesa della consacrazione definitiva che, non ci sono grossi dubbi, arriverà molto probabilmente con la terza, fissata per l’autunno 2017 negli Stati Uniti.

Sì, insomma, la seconda stagione di Mr. Robot l’ho già vista da un bel pezzo; mi chiedo come e perché una serie TV di questa portata possa arrivare in Italia con quasi un anno di ritardo. Capisco che magari ci sono delle clausole che prevedono la messa in onda dopo un certo periodo, ma insomma, a questo punto perde parecchio di senso. Comunque, potrete gustarvi la prima puntata questa sera alle 21:15 su Premium Stories (canale a pagamento sul 317 del digitale terrestre). Con ogni probabilità, l’intera serie sarà disponibile, una volta conclusa su Mediaset Premium, anche su Infinity, l’internet TV del biscione.

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